Condividere la cultura del settore. Il legno, come e perché.

5 Maggio 2022
5 Maggio 2022 staff

L’iniziativa di Sidel di un ciclo di webinar riservato alla propria struttura commerciale e distributiva rappresenta un modo efficace e originale di condividere la cultura aziendale, ma anche quella più generale del settore. In una serie di interventi coordinati dalla titolare dell’azienda Antonella Damiani, il Responsabile Marketing di Sidel Mario Marciano e dalla giornalista di settore e direttrice di Sistema Serramento architetto Sonia Maritan, esperti delle varie tematiche del settore degli infissi in legno si sono confrontati con un pubblico folto e interessato in una panoramica ampia e articolata. (Samuele Broglio)

Un ciclo di webinar organizzato e proposto da Sidel Infissi esalta la cultura tecnica del settore attraverso focus tematici. Il primo ad aprire idealmente il ciclo di incontri formativi è stato quello del 7 marzo scorso, volto a rispondere ai temi “urgenti” del Bonus fiscale, dello sconto in fattura e della cessione del credito 2022, riguardo le proroghe e le novità che come noto proseguono, e che la Dottoressa Manuela Micheletti dello Studio Baratti non avrebbe potuto restituire con maggior cristallina professionalità.

Il poker di eventi a cavallo dell’estate di matrice più tecnica e intitolato “Gli incontri dell’armonia” è proseguito con approfondimenti tecnici il 6 e 27 maggio scorsi su legno e vernice a cui si aggiungeranno in autunno altri due incontri dedicati rispettivamente a ferramenta e vetrature. Il primo intervento che abbiamo il piacere di ospitare sul-le pagine della nostra rivista è quello di Samuele Broglio, esperto di normativa e tecnologo di prima forza che in questa prolusione “spiana il terreno” per la comprensione degli aspetti più complessi e controversi dell’affascinante mondo dei serramenti esterni in legno. Gli lasciamo la parola, dando voce ai suoi ragionamenti salienti…

Tra normativa e realtà

Prima di entrare nel campo della normativa, vorrei definire qui cos’è il legno: la lignina sono le fibre, la cellulosa è il polimero. Quindi quando noi vendiamo un serramento in legno, possiamo chiamarlo serramento in legno ma possiamo anche proporlo come “un polimero fibrorinforzato.

a fibra unidirezionale di origine naturale”: suona in modo diverso ma, visto e considerato che siamo in periodo di apologia di tutto quanto è green, avere a disposizione l’unico polimero naturale al mondo non mi sembra cosa da poco!

 

Il nome del legno

Dopo questo preambolo, rientro nel mio ruolo che è quel-lo del noioso normatore: tanto per cominciare se è possi-bile, dobbiamo parlare delle stesse cose in modo univo-co, perché, se cominciamo a parlare in ‘lingue’ diverse e se cominciamo a utilizzare terminologie che non hanno lo stesso significato per tutti, non siamo sulla buona strada. Come terminologia dobbiamo ovviamente parlare dei nomi: d’accordo, Shakespeare diceva che una rosa, an-che con un nome diverso, avrebbe lo stesso profumo ma i legni hanno dei nomi che non sono nomi di fantasia e ne voglio citare uno per tutti, noce Tanganica, un nome che non ha nessun significato: non è un noce, perché non fa parte della famiglia delle juglandacee e manco arriva dalla zona del Tanganica.

Va chiarito che un legno appartiene all’ambito della bo-tanica e il suo nome deve corrispondere alla famiglia di cui fa parte. Nel caso del noce, solo due legni appartengono alla famiglia delle juglandacee, la Juglans regia (il nostro noce nazionale) e la Juglans nigra (il noce americano). Oltre a non essere un noce, questo legno non proviene dall’area del Tanganica, ma tanti anni fa a qualche commerciante di legnami venne l’idea di dare a un legno un nome attraente e romantico, immaginandosi noci che prosperano sulle sponde del lago Tanganica.

Ma gli equivoci sono numerosi, per esempio non esiste il mogano meranti, perché il meranti non è mogano, non esiste il rovere africano come il sottoscritto ha sentito denominare il framiré, non esiste il teak brasiliano, perché in Brasile non crescono le piante di teak e via dicendo… Ci si potrebbe domandare: come usciamo da questo ginepraio? Per questo a qualcosa servono quelle noiose persone, alla cui categoria io appartengo, che si chiamano normatori; i quali si basano sulla norma UNI EN 13556 dal titolo “Nomeclatura dei legnami utilizzati in Europa”, questa è la base assoluta e altro non è che un elenco di nomi ma ragionati e organizzati: si parte dalla specie botanica con il suo nome botanico reale, ovvero per esempio Acer campestris, un codice ACCM definisce l’origine e in successione impone il nome italiano, il nome inglese, il nome francese e il nome tedesco, lingue corrispondenti ai quattro stati che hanno maggior peso, almeno in teoria, nell’Unione Europea.

La norma inizia col dividere opportunamente questi legni in latifoglie e conifere, due mondi totalmente diversi. La norma, inoltre, molto opportunamente, nel momento in cui di una specie legnosa è proibita la commercializza-zione in base alla convenzione internazionale CITES, la inserisce nell’allegato “specie proibite”, questa specie non potrebbe essere trovata sul mercato perché il suo utilizzo costituisce reato.

Guardando tra le conifere, troviamo i vari larici, anche un’ampia gamma di pini, tra cui quello che noi chiamiamo Pitch-pine, sarebbe il Pinus echinata che si divide in una gamma di sottospecie diverse, perché in molte specie, quelle botaniche che noi utilizziamo e che noi chiamiamo con diversi nomi, sono numerose.

Se andassimo, per esempio, a prendere in considerazione il meranti si tratta di un’intera costellazione di una ventina di specie diverse che vengono definite secondo il peso specifico o secondo il colore.

Questo è un argomento complesso, ma va affrontato preliminarmente perché tutta la normativa seguente è basata su questa nomenclatura, è dunque consigliabile, se si vuole utilizzare in maniera appropriata la terminologia, fare riferimento alla norma UNI EN 13556.

 

La scelta del legno

Un criterio nella scelta del legno da utilizzare in un serramento può nascere da una lunga esperienza e dalla considerazione che “abbiamo fatto sempre così”, comportamento che può funzionare, ma può anche indurci in errore, oppure sull’attenzione alla normazione. La normazione nel campo del legno è composta da due pilastri, la norma EN335 e la norma EN350.

La norma EN335 è fondamentale per valutare qual è la potenziale sollecitazione degradativa a cui può essere sottoposto il legno, perché il legno, è inutile nasconderselo, si degrada per diverse ragioni: per l’azione degli agenti atmosferici (aria, vento, pioggia, sole e quant’altro), può degradarsi per mera decomposizione, ma soprattutto il legno si degrada per l’attacco di agenti biologici: il legno può essere attaccato dalle térmiti o da altri insetti. Però, almeno per quanto riguarda le finestre, non ci sono molti casi di attacchi da térmiti o da altri insetti; invece gli agenti biologici che attaccano per la gran maggioranza di casi il legno sono i funghi.

I funghi, fondamentalmente, sono di due famiglie, gli ascomiceti e i basidiomiceti, i primi sono i funghi dell’azzurramento, che non sono pericolosi, sono antiestetici perché nessuno vorrebbe vedere il legno blu a casa propria, ma non fanno danno se non, in alcuni casi, nel preparare il legno all’attacco dei basidiomiceti che sono i funghi che realmente mangiano il legno.

Questi funghi, senza entrare in dettaglio, hanno tutti qual-cosa in comune, se il legno non è umido non sono in grado di aggredirlo: quando il legno è al di sotto del 20% di umidità, infatti, è molto difficile che un fungo riesca a penetrarvi, il legno sotto il 18% di umidità non viene attaccato dai funghi.

Per verificare se il legno sia stato correttamente seleziona-to e progettato ci si riferisce a cinque classi di esposizione del legno, quelle utilizzate nelle perizie legali.

La Classe di utilizzo 1 si ha quando il legno venga impiegato all’interno di una costruzione: l’attacco da parte di funghi xilofagi è insignificante, si parla di porte interne, delle travi di un tetto, ovviamente integro, i pavimenti in assenza di infiltrazioni d’acqua e via dicendo.

La Classe di utilizzo 2 è quella in cui il legno o il manufatto a base legno è riparato dalla pioggia battente (che è il vero problema) ma esposto ad agenti atmosferici come la nebbia che può dare luogo a condensazione dell’acqua sulla superficie del legno o dei prodotti a base di le-gno, al limite ci sono casi in cui si può verificare un’infiltra-zione occasionale ma non persistente, quindi l’attacco dei funghi (ascomiceti o basidiomiceti) è possibile.

Come si manifesta questa situazione? Una porta che si trovi in fondo a un bel portico profondo cinque metri è indubbiamente in Classe di utilizzo 2, certo che se siamo a Milano in pieno inverno dove la classica nebbia padana imperversa il rischio che ci siano condensazioni di acqua sulla superficie non è solo possibile, è probabile, quindi è possibile che il legno utilizzato per questa porta subisca degli attacchi.

La Classe di utilizzo 3 è la più interessante per il serramentista perché rappresenta la situazione in cui il legno è al di sopra del terreno, non tocca la terra ma è esposto ad agenti atmosferici come la pioggia: l’attacco dei funghi è possibile, direi anche probabile, però in questa classe di utilizzo, la più vicina all’attività del serramentista, sono state individuate due sottoclassi: la Sottoclasse 1, quella del caso in cui il legno o il manufatto in legno non resta-no bagnati per lunghi periodi e l’acqua non si accumula: una finestra all’interno di un foro finestra profondo trenta centimetri è chiaramente in Sottoclasse 3-1, si bagna saltuariamente, ma pur bagnandosi, se è ben progettata con tutti quegli accorgimenti che il buon serramentista conosce, l’acqua non si accumula e non ristagna: questa sottoclasse è quella classica delle finestre.

La Sottoclasse 3-2 è quella per cui il legno o i prodotti a base legno rimangono bagnati per lunghi periodi, l’acqua si può accumulare: una persiana, ad esempio, per-ché si bagna decisamente, quando lo fa.

Poi abbiamo due classi che ci interessano poco ma che occorre comunque conoscere, le Classi di utilizzo 4 e 5: la prima riguarda i prodotti a base di legno a contatto diretto con il terreno o con l’acqua dolce, l’attacco da parte dei funghi xilofagi non è solo possibile, è facile.

Infine, la Classe di utilizzo 5 rappresenta la situazione in cui il manufatto in legno o componenti a base legno è completamente immerso in acqua salata o di mare: a questo punto l’attacco non proviene tanto dai funghi quanto dagli invertebrati marini come le cheredini.

L’utilizzo delle informazioni

Come facciamo a utilizzare queste informazioni sulle classi di utilizzo collegandole alla nostra attività?

 

Qui entra in gioco la norma UNI-EN 350: questa norma, diversamente da quella precedente che andava a spie-garci cosa e in che grado può fare del male al legno, ci spiega come si classificano i legni e fornisce una serie di dati su come si realizzano le prove, ma questa è più che altro materia di coloro che andranno a classificarli.

Quello che ci interessa, invece, e che ci da cinque classi di attacco per quanto riguarda le diverse varietà di funghi, ci dà anche casi d’attacco per le térmiti e per gli insetti. La norma suddivide i legni in Classe C1, ovvero molto durabile, C2 durabile, C3 moderatamente durabile, C4 poco durabile, C5 non durabile, nel testo vengono prese in esame anche le perdite di peso relative ai diversi legni in fase di prova, ma a noi interessa la classe di durabilità dei vari legni già definiti per norma.

Questo non ci obbliga ad andare direttamente a fare delle prove del legname che usiamo, ma ci permette di usare dati già disponibili per default.

Gli Abeti (abies alba) nelle varie famiglie sono in classe 4 di durabilità ai funghi, un legno di per sé poco durabile: questo non significa che noi non possiamo esporlo all’e-sterno in classe di utilizzo 3. Se solitamente il procedimento è quello di incrociare le classi: un legno in classe 3 va bene per una condizione di utilizzo 3 ma un legno in classe 5 va bene per l’utilizzo 2, potremmo dire che l’Abete non è idoneo alla produzione di serramenti, ma se noi lo impregniamo e lo verniciamo sarà utilizzabile anche all’e-sterno quando non parliamo di situazioni estreme. Sconsiglio di utilizzare l’Abete per fare i serramenti di una piscina che, per quanto evoluta in termini di drenaggio e deumidificazione rimane comunque un locale ad alta umidità. Teniamo anche presente che la durabilità è sempre data sul durame e non sull’alburno: gli alburni dei legni sono tutti, dal primo all’ultimo, in classe 5!

 

Un altro legno che ci può interessare è il Larice (larix decidua) con una Classe di durabilità 3-4 con la prova in laboratorio, confermata anche da quella in campo libero. Questo legno sarebbe idoneo per essere utilizzato all’esterno.

 

Il Pitch-pine è mediamente in una Classe di durabilità 3, teoricamente migliore rispetto al Larice, specialmente quando sia di crescita naturale.

Il Pino silvestre è in classe 3-4, con una piccola problematica: le prove in campo aperto hanno confermato che si tratta di un legno con delle estreme variabilità prestazionali. Passando alle latifoglie possiamo evidenziare alcune delle essenze più utilizzate nel serramento:

 

Il Frassino (fraxinus excelsior) ha una classe di durabilità 5, un numero che parla da solo.

Il Rovere americano (quercus alba), il Rovere europeo (quercus robur) e Quercus rubra (quercia rossa) si col-locano tutte a un livello di durabilità medio-alto: questi tre legni, con una particolare attenzione per il Rovere europeo, sono ideali per andare in qualsiasi condizione di utilizzo. Teoricamente, un legno come questo, al di là di una degradazione estetica, potrebbe essere esposto all’esterno senza alcuna protezione dagli agenti atmosferici, perché è assolutamente in grado di reggere qualsiasi tipo di sollecitazione.

 

Se parliamo del Castagno europeo siamo nettamente in classe 2, in classe 1 in campo di prova, può essere pianta-to in fango di terra senza avere nessun problema.

Se volessimo fare un paragone tra i legni più prestanti dal punto di vista della durabilità e altri materiali, potremmo dire che il legno di Castagno è estremamente più durevole di qualsiasi polimero che in sé e per sé è un materiale plastico, che subisce l’azione del sole e tende a spezzarsi quando diventa rigido, ed è assolutamente allineato a un serramento in acciaio (non inox) che tende ad arrugginire, ma certamente in contesti come quelli salmastri, vicino al mare, considerato che l’alluminio tende a corrodersi per corrosione elettrolitica, il Castagno può essere considerato più durevole dell’alluminio.

 

Materiali a confronto

Nell’ottica di chi commercializza il serramento è fonda-mentale il contesto in cui il serramento verrà installato: nel centro di Roma, Firenze o Milano posso impiegare il Pino o l’Abete, perché la situazione non va al di là di para-metri che possono essere affrontati con un buon Pino o un buon Abete; ma se stiamo andando a posare il nostro serramento in una piscina o una spazio del genere, certamente proponiamo il serramento in Rovere perché stiamo lavorando in una zona particolarmente umida. Se siamo molto vicini al mare, proponiamo senza dubbio il Castagno, in maniera tale da avere un’elevata probabilità che questo legno non abbia inconvenienti, perché l’alluminio, nel caso di un serramento legno-alluminio, potrebbe invece andare in corrosione elettrolitica.

D’altra parte, un serramento in Pino e in Abete, se adeguatamente trattato e manutenuto non è inferiore a un serramento in pvc, un serramento in Rovere è perfetta-mente allineabile con un serramento in acciaio, un serra-mento in acciaio a mio avviso è meglio di un serramento in alluminio. Certo, se qualcuno mi parla di serramenti in acciaio inox e di serramenti in bronzo parliamo di durate di secoli, ma sono gli unici prodotti che possono avere una durabilità superiore rispetto a un Castagno.

Poi volendo possiamo prendere in considerazione anche un Iroko o anche un Teak e non avremo una durabilità inferiore rispetto al Castagno. Quando sento dire che il legno “non dura” sono perplesso: ci sono legni che durano, legni che non durano e legni che possono durare ad-dirittura più dei metalli. D’altronde la nave navigante più vecchia del mondo non è prodotta né in acciaio né in alluminio; è la USS Constitution, varata nel 1798 e rimasta in acqua da allora sino a oggi. L’importante è che il venditore, quando va a parlare con il progettista, abbia una base tecnico-normativa per poter dimostrare, oltre alla affermazione personale, che esiste un quadro normativo specifico che avvalora le sue affermazioni.

Considerato che il legno come materiale può contare su un patrimonio di prove e classificazioni che deriva da un impegno importante di generazioni nella sperimentazione e nelle verifiche sul campo e in laboratorio.

Questo vale anche poi nelle argomentazioni in sede di contestazione. È importante anche sottolineare quelle che sono le vulnerabilità dei materiali alternativi al legno nel serramento. L’alluminio, per cominciare, ha un problema termico che è irrisolto, oltre a questo ha, come abbiamo visto, un forte problema di corrosione salmastra in contesti vicino al mare. Il pvc, dal canto suo, perde di solidità: pensiamo che nella sua condizione di base è un granulato grigiastro, fotosensibile e per riuscire a costruirci un serramento deve essere additivato di tutta una serie di sostanze, perché il polivinilcloruro non ha particolari qualità intrinseche. Quando questo materiale, nel tempo, perde questi componenti diventa fragile: è vero che il pvc impiega un’eternità a degradarsi ma è altrettanto vero che un pezzo di plastica in mezzo a un prato non è una finestra e il polivinilcloruro dopo un po’ diventa qualcosa di non più utilizzabile, perché crepa, perché cede e, dal punto di vista termico, subisce gli sbalzi di temperatura che ne alterano le caratteristiche dimensionali.

Se parliamo poi di acciaio, non pensiamo che sia eterno, perché subisce l’aggressione della ruggine, altro discorso vale per l’acciaio inox ma qui parliamo di livelli di prezzo difficilmente sostenibili in un mercato reale.

L’unico serramento “eterno” è quello in bronzo, possibilmente non in “bronzo edile” che in realtà è un ottone seppur a basso tasso di zinco ma in vero bronzo, materiale costosissimo e che porta il caldo e il freddo in casa ma che potranno ereditare nipoti e pronipoti.

 

L’isolamento termico

Un argomento estremamente forte a favore dell’utilizzo del legno nei serramenti è quello della conducibilità ter-mica dei materiali λ (Lambda): l’Abete ha una conducibilità termica di 0,11 W/mK, il Larice ha una conducibilità termica di 0,13 W/mK, il Rovere ha una conducibilità ter-mica di 0,18 W/mK. Se parliamo di alluminio, la conducibilità termica è di 160 W/mK, l’acciaio ha una conducibilità termica di 50 W/ mK, il pvc ha una conducibilità termica di 0,17 W/mK, ma ha un piccolo problema rispetto al legno, non ha nessuna resistenza meccanica. Con il legno si realizzano le travi strutturali, gli alberi delle navi, col pvc questo non è possibile e quindi vi deve esse-re sempre inserito un rinforzo.

Il legno è l’unico isolante termico al mondo che è anche strutturale, non ha bisogno di alcun rinforzo.

Ma non abbiamo bisogno nemmeno di tagli termici per renderlo termica-mente prestazionale.

Il legno è un blocco assoluto di isola-mento termico ed è tutto conforme alla conducibilità termica dichiarata, senza bisogno di rinforzi, di taglio termico, di verniciature: il legno, in questo e in molti altri aspetti, è un materiale anti-truffa.

 

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